Sul postO. Stare fermi, sul posto, o arrivare in un posto. Come può darsi un’idea di movimento a partire dall’idea di posto? Forse, proprio tentando di rispondere a questa domanda, ogni giorno, proviamo ad organizzare azioni, studi, relazioni. Perché l’idea di movimento ci pare essere una delle parti che compongono il corpo della trasformazione e della crescita. Ma anche il posto al quale si tende: prendere posto, cercare un posto.
In questo desiderio si situa la nostra ricerca. Una ricerca che in questi anni ha fortemente revocato in dubbio il suo stesso movente. postO è diventato così non un luogo stazionario, fisso, una meta trovata, ma al contrario il luogo di un movimento, dove ognuno trova e sperimenta il proprio; un movimento circolare, che più si produce e più tende all’impossibile utopia di una meta.
postO è un organismo collettivo che procede senza posa alla sua organizzazione. Una sorta di nastro di Moebius, una specie di Omaiuscola, nella quale le persone che concorrono alla sua scrittura fanno l’esperienza di un cammino sul proprio recto-verso, sul proprio op-postO.
postO è luogo di incontro e di produzione culturale ed artistica. Cinema, teatro, arte, filosofia, riflessioni su psichiatria e antropologia sono alcune delle nostre linee di ricerca e formazione. Passepartout, nontantoprecisi, Boudu abitano e mobilitano postO camminando insieme. Il passo è quello del flâneur, che vaga senza meta per la città, fuori-postO. Il flâneur che sa che ogni superficie attraversata conserva al contempo la faccia del visibile e quella dell’invisibile. Il suo movimento è il medesimo delle nostre attività, che sbordano dal tratto del cerchio-Omaiuscola alla città intera, alle più diverse istituzioni, teatri, musei, quartieri fino ad arrivare ai paesi più periferici: postO sono questi posti.
Un centro ec-centrico, “errante, eretico, erotico” (O. Licini), che conserva in ogni sua azione il raggio di tutte le altre, in ogni sua parte la traccia di tutti gli altri luoghi. postO è quindi concatenamento fra concatenamenti, prodotto e produttore degli stessi, dai quali si disegna il rizoma della nostra presenza. Un centro che fa del decentramento la sua forma, della sfida il suo motore, del cambiamento la propria cifra.
In assenza di verticalità, costruendo relazioni che danno valore alle differenze, proviamo a prenderci cura delle circostanze, ibridando ricerca culturale e sperimentazione artistica con pratiche di cura di sé e del paesaggio.
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